Yvan Sagnet è un giovane di ventisei anni arrivato dal Camerun in Italia nel 2007 per studiare al Politecnico di Torino. Nonostante ottenga nel suo paese una borsa di studio per iscriversi all’università in Italia, necessita di una garanzia finanziaria di quattromilacinquecento euro, un patrimonio in Camerun. Ad amici e parenti viene chiesto un contributo, considerato da questi un investimento: un domani quando Yvan rientrerà nel suo paese, diventerà un capofamiglia e punto di riferimento anche economico. Inizialmente ciò non lo preoccupa tanto, infatti è convinzione generale che in occidente basti la voglia di lavorare per diventare ricchi e felici. Coloro che tornano in Africa si mostrano benestanti con beni costosi per fare bella figura anche a costo di doversi indebitare.
Solo quando Yvan arriverà in occidente, scoprirà con sconcerto che trovare lavoro è difficile anche nei paesi più ricchi. La molla fondamentale dell’emigrazione africana è la ricerca di giustizia sociale, scrive Yvan, che pensa gli sarebbe bastata questa per realizzare tutti i suoi sogni. In Africa la corruzione regna sovrana ovunque, pochi ricchi e molti poveri e fin da piccoli ciò viene percepito come norma; la repressione sociale stronca sul nascere qualsiasi ribellione possibile.
La valigia di Yvan, contenente i suoi vestiti più caldi ed i documenti per la borsa di studio, quando arriva in Italia è smarrita. Yvan è costretto a studiare e lavorare. Con grande impegno supera bene il primo anno di studi, ottiene così una borsa di studio per merito. Nel secondo anno i voti non sono così buoni e la crisi economica mette ancora più in difficoltà chi cerca lavoro, così durante l’estate decide di andare in Puglia a Nardò per la raccolta dei pomodori. La realtà che gli si presenta è tremenda: tende, baracche in lamiera o cartone, immondizia, sporcizia, niente acqua calda, cinque docce per cinquecento braccianti, servizi igienici luridi, povertà e fame; il degrado del campo di Boncuri è più povera e triste di qualsiasi situazione africana finora vista dal giovane. La fame alimenta le tensioni psicologiche ed etniche. Un caporalato senza scrupoli, che fa da tramite tra imprenditori e braccianti, sfrutta la manodopera lavorativa con metodi illegali e criminali. In Africa la dignità è sacra a tutti i livelli della scala sociale, ma il sistema dei campi a Boncuri è studiato per togliere ai braccianti anche quella. Tuttavia l’essere umano per la sopravvivenza è in grado di piegarsi a qualsiasi condizione di vita. Saputo un giorno da un proprietario italiano quanto viene effettivamente pagato un cassone di pomodori raccolti, i braccianti ridotti in schiavitù cominciano una protesta che si trasforma in uno sciopero. Yvan che è in prima linea ad organizzare la protesta, subisce violenze e minacce dai caporali e loro subordinati, ma resiste nella sua lotta, e grazie allo sciopero, all’interesse suscitato nella stampa, nelle istituzioni e nella magistratura si arriverà ad una legge nazionale contro il caporalato.
Oggi il giovane non solo è riuscito a laurearsi al Politecnico di Torino in ingegneria delle telecomunicazioni ma ora lavora per un sindacato occupandosi proprio dei diritti dei lavoratori stranieri.
Sara