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La lezione di carità dei Burkinabé.

Come riportato su queste pagine giorni fa, dopo l’attacco a Seytenga, la gente è fuggita in massa a Dori. Si tratta di più di 15.000 persone.
La Direzione Regionale per l’Azione Umanitaria sta prendendosi cura di quei nuovi sfollati, fra mille problemi. Il personale costruisce tende, consegna i buoni che consentono ai profughi di ottenere miglio, riso, sapone, olio, zucchero, sale e vestiti.

sfollati a Pissilla
Sfollati in un campo a Pissilla. Author: WFP/Marwa Awad for UN
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Tuttavia è difficile riuscire a soddisfare le esigenze di tutti. Ecco allora che interviene quel sentimento umano che anche in quei luoghi sperduti e sofferenti (o forse proprio per tale motivo più propensi) porta persone differenti sotto lo stesso tetto: la carità delle famiglie locali che a Dori, così come in altre aree del Burkina Faso, spinge a ad accogliere lo sconosciuto nella propria casa, a condividere quel poco che si ha. Che sia uno spazio, del cibo, vestiti od altro. Quella cosa che da noi viene chiamata carità cristiana, ma che in questo caso vediamo in popolazioni prevalentemente di religione musulmana, a testimonianza che gli uomini in fondo, sono tutti uguali. Una lezione per chi, nonostante le palesi difficoltà di intere nazioni, ancora si ostina a rifiutare quell’accoglienza la quale, proprio da chi si erge a paladino della cristianità, viene rifiutata ai bisognosi di una nuova casa, soprattutto se non sono bianchi e biondi.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.

Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.

Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.

E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”.

Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna».

Parabola del Giudizio Finale – Matteo 25,31-46

Il Vangelo di Matteo ci riporta le parole di Gesù, le quali contengono un’ammonizione.Non voler vedere, non voler sapere, girasi dall’altra parte non è una giustificazione. Soprattutto se pensiamo all’epoca in cui viviamo, dove le informazioni di certo non mancano, bensì siamo sottoposti ad un bombardamento quotidiano che spesso ci rende insensibili ed assuefatti al dolore altrui.

La carità è un valore universale, e non discrimina gli individui, non preferisce gli uni rispetto agli altri. E non chiede nulla in cambio.

È paradossale che siano proprio certi cristiani a dover prendere lezioni di carità da coloro i quali essi disprezzano.