Il colpo di Stato militare del luglio 2023 ha segnato l’inizio di una fase critica per il Niger, aprendo la strada a un periodo di transizione che potrebbe durare tra cinque e dieci anni. Questo è emerso dalle conclusioni della Conferenza nazionale tenutasi a Niamey, avviata dalla giunta golpista il 15 febbraio, e che recentemente ha concluso i propri lavori. Le raccomandazioni espresse durante questa conferenza pongono in evidenza la necessità di una revisione radicale del sistema politico esistente, con misure significative come lo scioglimento dei partiti politici attuali e l’adozione di un nuovo statuto per i partiti stessi. Questo nuovo quadro legislativo prevede un sistema multipartitico controllato, con meccanismi di estromissione automatica per quei partiti che non riescono a ottenere rappresentanza parlamentare o municipale.
Pur esistendo divergenze sulle tempistiche della transizione, tutte le commissioni hanno concordato sull’importanza di un processo ben strutturato e gestito (NdA: chi lo avrebbe mai detto…). La sottocommissione n. 2 ha suggerito una durata rinnovabile di cinque anni, in linea con le iniziative proposte dai membri della Confederazione Aes (Alleanza degli Stati del Sahel). Anche la sottocommissione n. 5 ha aderito a questa visione quinquennale, enfatizzando l’importanza di istituire organi di transizione solidi, tra cui un Consiglio costituzionale di transizione, un Consiglio consultivo nazionale e un Osservatorio per i diritti umani. Per quest’ultimo bisognerà verificarne l’effettiva operatività, visto che comunque sopra ogni organismo si estende l’ombra della junta militare al potere.
Qualcuno però non era sufficientemente soddisfatto dal periodo di 5 anni: la sottocommissione n. 4 ha proposto una transizione che potrebbe estendersi fino a 10 anni, in relazione all’evoluzione della sicurezza e alle necessità della governance regionale. Questa visione più lunga si fonda su tre pilastri: la situazione della sicurezza, le specifiche emergenti dalla Conferenza e l’armonizzazione con il contesto regionale. In altre parole, la transizione può durare a tempo indefinito, permettendo così al dittatore di rimanere incollato alla sua poltrona a vita, e poi cedere lo scettro del comando a qualcuno di suo gusto.
Durante la conferenza, è stata avanzata la richiesta di adottare una Costituzione che rispetti i valori socio-culturali e religiosi del Niger, stabilendo un regime presidenziale. Per garantire elezioni trasparenti e giuste, sono stati proposti anche un codice elettorale consensuale e un sistema di voto biometrico (NdA: e qui sì che si ride! Tuttavia, considerato che le elezioni potrebbero tenersi fra un centinaio di anni, se passa la succitata proposta, potrebbe anche essere che il Niger si sia dotato per quel periodo della dotazione tecnica e del know how necessari; intanto farebbero bene a pensare a come permettere a tutti i cittadini di votare.). È stato raccomandato che lo Stato finanzi completamente le elezioni, assicurando un controllo rigoroso sui fondi destinati ai partiti politici. In aggiunta, è stata proposta l’interdizione alla creazione di fondazioni da parte delle first lady, per prevenire conflitti d’interesse e abusi di potere.
Un’altra proposta significativa emersa è quella di fondare una repubblica che riconosca l’Islam come religione maggioritaria, rispettando al contempo le altre fedi presenti nel Paese. Tale misura intende rafforzare l’unità nazionale, riflettendo le realtà socio-culturali del Niger.
Infine, la sottocommissione n. 4 ha raccomandato la creazione di vari organi di guida nella transizione, tra cui un Consiglio di orientamento strategico presieduto dal Presidente del Consiglio nazionale per la salvaguardia della patria (Cnsp) e un Comitato direttivo sotto la direzione del Primo Ministro. Inoltre, sono stati proposti un Parlamento di rifondazione e una Camera costituzionale all’interno della Corte di Stato.
Tutto ciò dimostra ancora una volta come i tanto sbandierati proclami dei dittatori golpisti di Mali , Burkina Faso e Niger, per una rapida riconquista del territorio contro i terroristi, e di una veloce transizione verso un regime democratico con elezioni, siano soltanto fumo negli occhi per allocchi: come Assimi Goïta prima, Ibrahim Traoré dopo, anche il leader militare del Niger, Abdourahamane Tchiani, sta ponendo le basi per rimanere a tempo indeterminato al potere. Ma è ovvio che tutti e tre lo facciano perché è loro popolo a chiederlo… O no?