Di recente, le relazioni tra il Niger e la Francia si sono deteriorate drasticamente. I governanti militari del Niger sembrano determinati a rimuovere la Francia da qualsiasi settore significativo della loro economia, in particolare dall’industria dell’uranio.
Questa settimana, la compagnia nucleare statale francese Orano ha annunciato che il regime militare, che ha deposto l’alleato francese presidente Mohamed Bazoum con un colpo di stato nel luglio 2023, ha preso il controllo operativo della sua società mineraria locale, Somaïr. Gli sforzi della società per riprendere le esportazioni sono stati bloccati per mesi dal regime, causando una crisi finanziaria. Le prospettive per Orano di ripristinare le operazioni normali appaiono scarse, dato l’atteggiamento ostile del regime a Niamey. Questa ostilità è sia dovuta alla condanna di Macron per il rovesciamento di Bazoum, che al sostegno francese alla dura posizione della ECOWAS, il gruppo regionale dell’Africa occidentale, contro il colpo di stato. In Niger erano circolate voci di un imminente intervento militare di Parigi per ripristinare Bazoum, ma ciò era stato immediatamente smentito dal governo francese. Secondo alcuni si sarebbe trattato di notizie false fatte circolare apposta per supportare i golpisti. Dopo il colpo di stato, Orano ha cercato di mantenere un profilo basso, ma il blocco commerciale della ECOWAS ha impedito l’esportazione dell’uranio dalla miniera di Somaïr. Anche dopo la revoca delle sanzioni, l’export attraverso il Benin è rimasto bloccato per una disputa politica con il Benin. Orano ha proposto di spedire l’uranio via aerea, ma il regime ha rifiutato. A giugno, la giunta ha revocato i diritti di Orano per sviluppare una nuova miniera a Imouraren. Il blocco delle esportazioni ha causato una crisi finanziaria per Somaïr, con scorte bloccate di uranio. Quando Orano ha deciso di ridurre ulteriormente la produzione, le relazioni con il governo sono peggiorate. La situazione ha danneggiato sia l’azienda, che anche l’economia del Niger, con perdite di entrate e rischi per centinaia di posti di lavoro.
Sebbene il Niger rappresenti meno del 5% della produzione globale di uranio, nel 2022 ha fornito un quarto dell’uranio usato dalle centrali nucleari europee. Questa appropriazione giunge in un momento critico, poiché i paesi occidentali stanno cercando di affrontare il cambiamento climatico e ridurre le emissioni di carbonio puntando su risorse energetiche alternative, fra cui il nucleare. Ne consegue che la situazione di Orano in Niger costituisce una significativa sfida per l’approvvigionamento energetico francese. La Francia, con 18 centrali nucleari che generano quasi il 65% della sua elettricità, ha contenuto efficacemente le emissioni di carbonio nel settore energetico, ma la produzione nazionale di uranio è terminata più di 20 anni fa; negli ultimi dieci anni, la Francia ha importato quasi 90.000 tonnellate di uranio, un quinto delle quali provenienti dal Niger. Solo il Kazakistan, che produce il 45% dell’uranio mondiale, rappresenta una fonte più importante. La Francia dovrà quindi cercare nuove fonti di approvvigionamento, probabilmente da Uzbekistan, Australia e Namibia. L’anno scorso, il blocco commerciale imposto dai vicini dell’Africa occidentale aveva già paralizzato le esportazioni di uranio del Niger, ma fornitori alternativi, come il Canada, avevano sopperito in parte. Tuttavia, le importazioni di uranio da parte dell’UE dalla Russia sono aumentate di oltre il 70%, malgrado le sanzioni contro Mosca per via dell’invasione dell’Ucraina. Come ben sappiamo la Russia è diventata un alleato chiave per i leader militari del Niger e dei suoi vicini, Burkina Faso e Mali, dal 2020. I contractor militari russi sostengono l’esercito maliano e proteggono i leader delle giunte in Niger e Burkina Faso.
Non è un caso che da parte sua il regime del Niger stia cercando alternative ai partner occidentali, potendo contare sulle relazioni con i paesi del BRICS. L’Iran, potenziale cliente per l’uranio, è emerso come opzione, con il primo ministro nigeriano che ha visitato Teheran a gennaio. Da qualche tempo circolano voci di un accordo in tal senso fra le due nazioni.
Nonostante alcune prospettive di ripresa con investimenti cinesi, la giunta, sostenuta dalle esportazioni di petrolio, sembra pronta a sostenere i costi della paralisi dell’industria dell’uranio e dello smantellamento del partenariato con la Francia, ora vista come principale avversario internazionale.
Per il presidente francese Emmanuel Macron invece, già alle prese con una crisi politica interna, la potenziale uscita di Orano dal Niger rappresenta un duro colpo.
Ma non è il solo: altri partner africani di lunga data stanno prendendo le distanze dalla Francia. Il Ciad ha improvvisamente rescisso un accordo di difesa con Parigi, mentre il Senegal ha confermato l’intenzione di chiudere la base militare francese a Dakar.
Fonte: BBC