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Assimi Goïta, dittatore al potere in Mali, si incolla a vita alla poltrona.

bandiera Mali
bandiera Mali

La recente promulgazione della legge che consente al presidente de facto del Mali, Assimi Goïta, di rimanere al potere fino al 2030, e potenzialmente a vita, rappresenta un cambiamento allarmante ma tutt’altro che inatteso nel panorama politico del Paese. Se qualcuno ancora nutriva una speranza nel ritorno alla democrazia, tale norma la affossa definitivamente a favore dell’ormai consolidata (ma non passivamente accettata da tutti i cittadini) dittatura militare. Mentre i leader militari cercano di consolidare il loro potere, l’ondata di arresti tra i ranghi dell’esercito indica un clima di crescente tensione e dissenso.

Infatti la reclusione dell’ex primo ministro Moussa Mara, figura politica di spicco critica nei confronti della giunta, dimostra come sia ormai pratica frequente la repressione delle voci dissidenti. Ciò avviene in un contesto in cui gli attacchi da parte dei jihadisti del JNIM, legati ad al Qaeda, sono aumentati, con un particolare focus su siti economici strategici. Gli assalti hanno causato ingenti danni materiali, compromettendo gravemente l’economia del Mali e mostrando un cambiamento nella strategia operativa degli estremisti, che ora mirano a colpire infrastrutture vitali. Ad esempio recentemente sono stati colpiti degli zuccherifici: 40 camion incendiati, oltre a gru, trattori ed altri veicoli. Stessa sorte hanno subito anche uffici e attrezzature informatiche. Più di tre tonnellate di scorte di zucchero distrutte. Pare inoltre che l’ormai consolidata presenza dei mercenari di Putin non abbia sortito l’effetto sperato, anzi, sono diventati loro stessi bersaglio degli jihadisti. Lo scorso 1 agosto 2025 JNIM in Mali ha teso un’imboscata vicino alla città di Ténenkou, nella regione di Mopti ai mercenari russi di Africa Corps (ex Wagner), uccidendone molti. Sui canali WhatsApp e poi su X, sono comparsi dei video dell’attacco. 

In aggiunta, la situazione si complica ulteriormente con l’emergere di un nuovo pericolo rappresentato dai miliziani jihadisti in Burkina Faso, che sono responsabili di brutali attacchi contro convogli e campi militari.

In quella parte del Sahel, proprio alla fine di luglio, un convoglio, che aveva il compito di portare viveri e combustibile a Gorom-Gorom, si è trovato sotto attacco da parte di miliziani legati a EIGS (lo Stato Islamico nel Grande Sahara). Un certo numero di soldati e di autisti sono stati brutalmente uccisi e vari veicoli dati alle fiamme. I camion viaggiavano con la protezione dell’esercito di Bamako, insieme ai VDP (Volontari per la Difesa della Patria). Nella medesima giornata, si è verificato un assalto a un accampamento militare a Dargo, nella zona centro-settentrionale del Paese. Le conseguenze sono state particolarmente gravi. Fonti locali hanno indicato che sarebbero stati uccisi una cinquantina di soldati burkinabé. Al termine di luglio, sono state prese di mira anche altre basi dell’esercito di Ouagadougou, in differenti villaggi delle regioni Boucle du Mouhoun, nel centro-est e a est del Paese. Anche in questi attacchi, tra le vittime, si sono contati ausiliari dei VDP e civili.

Questi eventi non fanno che intensificare il senso di insicurezza nella regione del Sahel, dove le giunte militari, piuttosto che affrontare la minaccia jihadista in modo efficace, sembrano concentrarsi più sulla preservazione del proprio potere.

Il Niger ha annunciato la creazione di una milizia patriottica in risposta alla crescente violenza, richiamando modelli già utilizzati in Burkina Faso. Tuttavia, è importante notare che tali formazioni paramilitari sono state accusate di violazioni dei diritti umani, complicando ulteriormente la già fragile situazione di sicurezza nella regione. Le giunte militari dell’AES (Alleanza degli Stati del Sahel) si isolano per cercare dil imitare le influenze dell’Occidente, mentre le perdite umane tra le forze armate vengono frequentemente minimizzate o nascoste.

Le preoccupazioni dei familiari dei soldati uccisi o dispersi crescono, accentuando un senso di ansia collettiva e di sfiducia verso le istituzioni governative. In questo scenario complesso, è evidente che il Mali e i suoi vicini si trovano in una fase cruciale, in cui le scelte politiche e strategiche avranno ripercussioni significative sul futuro della stabilità e della sicurezza nella regione del Sahel.

 

 

Fonte: www.africa-express.info